In linea teorica l’integrazione salariale è dovuta nella misura dell’80% della retribuzione globale persa dal lavoratore in corrispondenza delle ore non lavorate: in realtà tale percentuale nella gran parte dei casi risulta di molto inferiore in quanto da diversi anni sono stati introdotti dei valori massimali mensili, che rappresentano la misura massima del trattamento. I massimali sono due, a seconda della retribuzione del singolo lavoratore, e vengono rivalutati annualmente di una percentuale pari alla variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (fino al 2007, tale rivalutazione era pari solo all’80% del suddetto indice, cosa che ha contribuito nel tempo ad un vero e proprio abbattimento del valore del massimale). Nel 2009, il valore del I° massimale, da applicare a coloro che hanno una retribuzione fino a 1917,48 euro, è di 886,31 euro; il II° massimale, per coloro che hanno una retribuzione superiore a 1917,48 euro, è pari a 1065,26 euro.
Si precisa che:
agli importi dei massimali va detratta la ritenuta previdenziale del 5,84%, e la cifra così ottenuta costituisce l’imponibile fiscale; ai fini fiscali, il trattamento di cigo è equiparato alla retribuzione da lavoro dipendente
il trattamento viene corrisposto per 12 mensilità all’anno e per verificare quale dei due massimali compete, è necessario ricostruire la retribuzione mensile riproporzionando in dodicesimi la retribuzione annua ottenuta come somma di tutte le mensilità contrattualmente dovute ed includendovi tutte le voci salariali corrisposte con continuità ed obbligatorietà e riferite al normale orario di lavoro contrattuale, e con esclusione delle voci collegate direttamente alla prestazione. Es.: un lavoratore che abbia una retribuzione mensile pari a 1800 euro lordi e percepisca 13 mensilità, rientra nel massimale superiore in quanto 1800 x 13 = 23400 : 12 = 1950 (superiore a 1917,48)
Nel caso di sospensione parziale nel corso del mese, per definire l’ammontare della integrazione salariale, occorre definire il valore orario: tale valore viene determinato dividendo il massimale mensile di competenza per un divisore pari alle ore teoriche lavorative del singolo mese, inclusi i giorni di festività infrasettimanali; da questo discende che il valore orario cambia di mese in mese potendo le ore andare da un minimo di 160 (mese di febbraio) ad un massimo di 184 (mesi di 31 giorni di calendario)
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Quali sono le voci retributive prese in considerazione ai fini dell’integrazione salariale?
Può essere importante stabilire in modo esatto quali sono le voci retributive considerate “integrabili” sia nel caso di retribuzioni molto basse, per le quali il calcolo dell’80% stia al di sotto del massimale, sia nel caso si sia quasi a cavallo del limite che consente il passaggio al massimale superiore.
La norma di legge non è del tutto chiara, in quanto dice che l’integrazione si calcola sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore se non fosse intervenuta la sospensione.
Si è dunque dibattuto a lungo su cosa si intenda per “retribuzione che sarebbe spettata”.
Per retribuzione si intende tutto ciò che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore in denaro o in natura ed al lordo delle ritenute previdenziali e fiscali come corrispettivo della attività prestata in dipendenza del rapporto di lavoro (circ. n. 60724 GS del 7.11.67).
Gli elementi essenziali della retribuzione sono:
1. paga base per gli operai/stipendio base per gli impiegati ed i quadri;
2. indennità di contingenza;
3. aumenti periodici di anzianità (che continuano a maturare durante il periodo CIG);
4. aumenti contrattuali.
Gli elementi accessori della retribuzione sono:
1. maggiorazioni per turno;
2. indennità di trasferta;
3. indennità di mensa (cfr. circ. Inps del 18.1.94 n. 15);
4. indennità di cassa;
5. indennità di trasporto (cfr. circ. Inps del 18.1.94 n. 15).
In linea di massima le voci retributive integrabili sono quelle sulle quali devono essere commisurati i contributi previdenziali a condizione che:
• abbiano carattere di continuità ed obbligatorietà;
• siano riferiti all’orario di lavoro contrattualmente stabilito, nel limite massimo di 40 ore settimanali.
Fra tutte le possibili indennità configurate dalla legge, dai contratti collettivi, in ogni caso astrattamente ipotizzabili, può essere operata una suddivisione tra indennità che non sono collegate alla concreta prestazione di lavoro, rappresentando delle parti fisse mensili della retribuzione globale (es.: compensi forfetari per lavori disagevoli, per mansioni particolari etc.) ed indennità variabili conseguenti esclusivamente alla materiale e non astrattamente prevedibile prestazione di lavoro (es. tipico indennità di trasferta).
Analogamente vanno conteggiati anche gli importi corrisposti a cadenza annuale, aventi carattere di continuità ed obbligatorietà: es. classico quello delle mensilità supplementari, ma anche i premi annuali fissi e voci analoghe: in tal caso gli importi annui vanno riproporzionati su base oraria, tramite il divisore convenzionale annuo adottato dall’Inps = 2000. Sono, quindi, integrabili solo le voci ed indennità che costituiscono parte fissa della retribuzione globale, con esclusione di quelle collegate alla effettiva prestazione di lavoro.
Tra le voci integrabili rientrano invece le maggiorazioni turno, qualora siano corrisposte non saltuariamente ma con continuità, ed a maggior ragione ove i ccnl prevedano la corresponsione delle stesse, anche in forma di media, per i periodi di sospensione retribuita del lavoro (ferie, festività, malattia ecc.).
Ovviamente sono da escludersi dal computo delle voci della retribuzione sulla quale calcolare le integrazioni salariali, i compensi non collegati alla prestazione ordinaria, vale a dire ad es. quelli erogati in relazione a prestazioni lavorative straordinarie, pur se in via ricorrente (in ogni caso il riferimento è alle 40 ore settimanali).
Fonte: Cgil Torino, a cura di Elisabetta Mesturino e Franco Trinchero