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Pensione sociale in Italia

Pensione sociale in Italia

In Italia, alla pensione sociale (o pensione minima) accedono le persone oltre i 65 anni di età prive di reddito, che non hanno versato contributi, o che hanno versato contributi per una pensione inferiore al minimo sociale. La pensione integrata al trattamento minimo (impropriamente pensione minima) è cosa differente dalla pensione sociale (oggi assegno sociale): la prima è infatti una integrazione operata dallo Stato nel caso in cui, dal calcolo dei contributi, la pensione sia di importo inferiore a quello che viene considerato il minimo vitale; in tal caso l’importo della pensione viene aumentato fino a raggiungere la cifra stabilita annualmente dalla legge.

Con un minimo di anni contributivi e il pagamento rateizzato di quelli mancanti, hanno accesso alla pensione minima anche le persone di età inferiore e rimaste prive di reddito (ad es. vedova non occupata).

Il reddito da pensione sociale (se non è cumulato ad altri redditi come affitti o salari) esenta le persone dalla presentazione del modulo 730 e dal pagamento dell’IRPEF e altre imposte.

La pensione sociale è considerata come un riferimento di reddito per le fasce sociali più deboli da proteggere. Al di sotto di tale reddito una famiglia o una persona si considerano nella soglia della povertà.

Perciò sono oggetto di dibattito politico ulteriori proposte per proteggere tali fasce della popolazione, oltre all’esenzione dalle imposte.

Le Associazioni dei Consumatori e altre parti sociali da anni propongono delle tariffe sociali a favore delle fasce di reddito più basse.

Acqua, energia, gas, poste e telecomunicazioni, trasporti sono servizi essenziali universali di pubblica utilità, per i quali di principio è previsto il diritto ad un accesso universale, a prezzi accessibili e secondo standard minimi di qualità.

Standard minimi di qualità sono stati introdotti a tutela delle zone geografiche in cui è antieconomica l’erogazione di un servizio, per evitare l’adozione da parte degli operatori di soluzioni di qualità inferiore pur di ridurre investimenti in perdita.

Livelli di servizio minimi (e differenti) tutelano anche chi ritarda o è inadempiente ai pagamenti a causa di un reddito troppo basso. Infatti, gli operatori limitano o interrompono l’erogazione del servizio ai morosi, indipendentemente dal reddito del non-pagatore. Tuttavia, la legge impone per l’acqua o l’energia che l’operatore possa limitare l’erogazione riducendo pressione e portata dell’acqua, piuttosto che il chilowattora e il voltaggio elettrico, ma vieta l’azzeramento del servizio.

La disciplina è contenuta nelle leggi sul servizio universale o nei contratti di servizio firmati a livello locale fra amministrazioni statali e operatori pubblici o privati. Queste fonti però non introducono quelle agevolazioni tariffarie che dovrebbero garantire il diritto di accesso a tali servizi alle fasce di reddito più basse.

Per il gas metano, l’Autorità ha previsto che i Comuni possano destinare l’1% dell’importo del gas erogato, per istituire agevolazioni tariffarie per le famiglie economicamente disagiate. Ad oggi solo 50 Comuni su 8.000 hanno assunto decisioni in merito.

Per le fasce di reddito inferiori ai 7000 euro, l’Agcom ha deciso il dimezzamento del canone Telecom. La Toscana (legge regionale n°100 del 1998) ha creato tariffe fortemente scontate del 40% per i trasporto pubblico urbano ed extraurbano. La legge è stata poi seguita da altre regioni, ma non vale ancora a livello nazionale.


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