Che la riforma non sia “perfetta” lo ammette anche il ministro Fornero, ma le nuove norme sul lavoro da lei introdotte – a leggere i risultati di un sondaggio promosso dalla Cgil – sembra abbiano prodotto effetti contrari a quelli sperati. Dovevano frenare l’uso del precariato favorendo la stabilizzazione, in realtà - nel 27 per cento dei casi – hanno finito con il frenare il lavoro stesso: più di un quarto dei contratti precari scaduti dopo l’entrata in vigore della riforma (luglio 2012) non sono stati rinnovati. La “stretta” alla cattiva flessibilità ha messo paura alle imprese: in molti casi le aziende hanno proposto ai dipendenti a tempo contratti peggiorativi rispetto a quello originari o hanno proprio preferito chiudere il rapporto di lavoro. Almeno per quanto riguarda l’occupazione in regola.
Un sondaggio online promosso dai Giovani della Cgil e rilanciato dall’inchiesta di Repubblica.it “Precari dopo la Fornero” dimostra che l’obiettivo che il governo Monti si era dato (distinguere fra flessibilità buona e cattiva e favorire la stabilizzazione) non è stato raggiunto. Dalle oltre cinquecento risposte inviate da lavoratori con diverse tipologie contrattuali è emerso che la precarietà è rimasta, in molti casi è peggiorata.
Solo il 5 per cento dei contratti precari è stato stabilizzato è dopo la riforma Fornero, ma il 27 per cento non è stato proprio rinnovato, il 22 per cento è scivolato verso formule peggiorative e solo il 4 – pur restando precario – si è trasformato in un rapporto di lavoro con maggiori tutele. Il resto dei partecipanti al sondaggio non segnala novità (al 25 per cento non è ancora successo nulla, al 17 è stato rinnovato lo stesso contratto precario): si può dire, quindi, che secondo lo studio solo nel 9 per cento dei casi la riforma ha portato ad un miglioramento delle condizioni di lavoro.
Scendendo nei particolari il sondaggio specifica anche che, nei casi di contratto a tempo determinato, il mancato rinnovo alla scadenza ha raggiunto la vetta del 38 per cento e per i lavoratori a progetto è arrivato al 23.
Il minsitro Fornero, commentando i risultati dell’inchiesta di Repubblica.it aveva ammesso che la riforma “non è perfetta”, o meglio che “la riforma perfetta non esiste e chi la cerca è un superficiale o è in malafede”. Ma al di là della perfezione alla Cgil quanto emerso non piace, anche perché negli ultimi tre anni sono arrivati al capolinea un milione e mezzo di contratto a progetto non rinnovati. “Questi dati confermano purtroppo quanto avevamo già segnalato – commenta Ilaria Lani, responsabile delle politiche giovanili della Cgil – In fase di recessione la riforma del mercato del lavoro non può avere, di per sé, effetti positivi sulla qualità dei rapporti di lavoro se non accompagnata da incentivi alla stabilizzazione o da politiche di sostegno allo sviluppo. Non solo: la riforma, lasciando intatto il supermercato delle tante tipologie contrattuali, ha favorito l’utilizzo di contratti meno tutelati”. Il sindacato ricorda che molti dei precari rimasti senza contratto non hanno nemmeno maturato i requisiti necessari per aver accesso ai nuovi ammortizzatori sociali Aspi e Miniaspi. “Il prossimo governo – secondo la Cgil – dovrà mettere in campo politiche capaci di combattere davvero gli abusi contrattuali”. Quanto all’Europa e all’accordo appena siglato per il bilancio dell’Unione, il sindacato guidato da Susanna Camusso è soddisfatta che si siano individuate risorse specifiche per combattere la disoccupazione giovanile, ma è molto preoccupato “per i tagli ai fondi per la crescita e la ricerca”.
FONTE repubblica.it